Il crepuscolo delle chiavi postato il 09/12/2025 18:16:22 nel forum presentazione progetti e modificato da gdr-online.com il 09/12/2025 19:03:07

Prima che qualcuno pensasse di impugnare una Chiave e farsi chiamare eroe, l’universo era semplice. La Luce e l’Oscurità non erano idee astratte, ma energie vive che scorrevano tra le stelle come maree lente e infinite. La Luce illuminava, creava, univa. L’Oscurità proteggeva i segreti, dava profondità, permetteva al riposo e al sogno di esistere. Non erano nemiche: erano un respiro a due tempi, un battito che teneva in vita tutto ciò che conosci. Su questo fondale, si stendeva un mosaico di mondi. C’erano isole assolate dove il mare era così azzurro da sembrare un sogno a occhi aperti, e ragazzi che passavano le giornate a guardare l’orizzonte sognando altri cieli. C’erano castelli incantati persi in foreste antiche, dove una singola rosa poteva valere più di un regno intero, e dove un mostro solitario nascondeva un cuore umano dietro a zanne e artigli. C’erano città grandi come mondi, con grattacieli che sfidavano le nuvole, schermi luminosi a ogni angolo e vicoli in cui la pioggia sapeva di ruggine e segreti sussurrati. C’erano mondi dove gli animali parlavano e i burattini volevano diventare veri, dove il cielo era pieno di navi pirata che solcavano non il mare, ma le stelle. E poi mondi futuristici in cui il metallo cantava, le spade erano fatte di luce compressa, e gli eroi combattevano non solo per salvare il presente, ma per riscattare il proprio passato. Tutto questo esisteva, sparso come frammenti di un grande racconto. Ogni mondo con le sue regole, i suoi eroi, le sue tragedie. E tu, da qualche parte, appartenevi a uno di questi luoghi. A un’isola, a una metropoli, a un castello, a un pianeta lontano. Casa tua. Poi, l’equilibrio si ruppe. Nessuno sa dire quando iniziò davvero. Forse fu un errore in un antico rituale, forse un desiderio espresso con troppa forza nel posto sbagliato, forse soltanto l’universo che decise di… complicarsi. Tra la Luce e l’Oscurità, nacque una terza energia. Non era calma, non era misurata, non conosceva il concetto di “abbastanza”. La chiamarono Nexus. Il suo colore era il viola: un viola profondo, inquieto, che sembrava vivo. Non si limitava a scorrere come le altre energie; si insinuava. Compariva come crepe luminose nell’aria, come riflessi impossibili sulle superfici, come cristalli violacei che spuntavano dove prima c’era solo pietra, legno o carne. Il Nexus non si accontentava di esistere accanto alle altre forze: iniziò a corrompere i mondi, a piegarne la storia.[Spoiler - Clicca per Aprilo]
Una fiaba che ricordavi luminosa poteva improvvisamente cambiare tono: l’eroe esitava dove avrebbe dovuto avanzare, il cattivo mostrava un briciolo di umanità non previsto, un incontro che doveva avvenire non avveniva più. Piccole deviazioni, all’inizio. Ma bastava poco perché una storia cambiasse traiettoria per sempre. Cristalli viola spuntavano nei luoghi più insospettabili: ai margini di una foresta che avrebbe dovuto essere sacra e intatta; nel cuore di una città che non aveva mai conosciuto la magia; nella stanza di un bambino che sognava di vedere altri mondi. Più il Nexus cresceva, più le storie che conosci “di come dovrebbero andare le cose” iniziavano a perdere consistenza. I destini si sfaldavano, si mescolavano, si riscrivevano. La Luce cercava di mantenere l’ordine. L’Oscurità si chiudeva su se stessa, come a difendere ciò che le restava. Il Nexus… rideva. O almeno, a volte, sembrava così. E in tutto questo, tu continuavi la tua vita. Magari ti svegliavi ogni giorno sotto lo stesso cielo, percorrevi le stesse strade, salutavi le stesse persone. Forse in fondo al cuore avevi la sensazione che qualcosa non tornasse: un déjà vu troppo insistente, un sogno ricorrente, l’idea che ci fosse “altro” oltre i confini del tuo mondo. Oppure no: forse ti andava bene così. Forse avevi abbastanza problemi già lì, senza doverti preoccupare di energie cosmiche in lotta. In ogni caso, la notte in cui tutto è cambiato non aveva niente di speciale. Era una notte qualunque. Ti sei addormentato come sempre: con i tuoi pensieri, i tuoi piccoli drammi, le tue speranze segrete. Forse ripassando mentalmente un litigio, una promessa, un desiderio. Forse contando le stelle da una finestra, o crollando senza neppure toglierti le scarpe. Il sogno è arrivato piano. All’inizio era confuso, come sempre: frammenti della tua giornata, immagini slegate, suoni lontani. Poi il buio del sonno ha iniziato a tingersi di viola. Davanti a te si è aperto qualcosa che non somigliava a nessun cielo e a nessun mare. Una nebulosa violacea si avvolgeva su se stessa, come un’enorme nuvola di fumo liquido puntellata di scintille. Non aveva volto, eppure la sentivi guardarti. Non aveva bocca, eppure era come se ti stesse parlando direttamente negli angoli più profondi del petto. Ti sei sentito piccolo, e allo stesso tempo al centro di qualcosa di immenso. C’era la sensazione di una chiamata, anche se le parole, dopo il risveglio, sfuggono sempre: ricordi emozioni più che frasi. Un misto di urgenza, promessa, pericolo, possibilità. Un invito, o un ordine, dipende da come lo hai percepito, a lasciare il tuo mondo e a seguire quell’energia viola, per fare qualcosa che nessuno ti aveva mai chiesto: rimettere in equilibrio ciò che si stava spezzando. La nebulosa, a un certo punto, ti è sembrata crescere, avvicinarsi, avvolgerti. Hai visto cristalli viola spuntare dal nulla, attorno a te, come se la realtà stessa stesse venendo inglobata, riscritta. Hai avuto paura. O ti sei sentito finalmente… giusto/a. Poi, il nero. E ti sei svegliato. Solo che non eri più nel tuo letto. Il primo respiro ha avuto un sapore diverso. L’aria era più fresca, leggermente umida, profumata di pioggia recente e di qualcosa di caldo e lontanamente dolce, come pane appena sfornato. Sopra di te, un cielo che non era del tutto notte ma nemmeno giorno: un crepuscolo eterno, attraversato da luci di insegne, finestre illuminate, lampioni che disegnavano cerchi dorati sul selciato. Ti trovavi a Traverse Town, la Città di Mezzo. Il bello, o il brutto, è che non l’avevi mai vista prima in vita tua… ma la conoscevi. Sapevi, senza pensarci, che girato l’angolo avresti trovato una piazzetta con una fontana sempre accesa. Sapevi che c’era una piccola locanda che fungeva da rifugio per chi non aveva più un posto dove andare. Sapevi quali vicoli portavano a un vicolo cieco e quali invece nascondevano passaggi rapidi da un distretto all’altro. Città sconosciuta, eppure casa. Sensazione nuova, ma stranamente rassicurante. E mentre cercavi di capire come fosse possibile, qualcosa di ancora più strano ti ha colpito: il tuo riflesso. In una vetrina, in una pozza d’acqua, in un pezzo di metallo lucidato, hai intravisto la tua faccia. Era la tua… ma non del tutto. Attraversare un nuovo mondo ha un effetto curioso su chi arriva da lontano. Il luogo in cui ti trovi non si limita ad accoglierti: ti adatta un po’ a sé. A volte sono piccoli dettagli: un cambio di abiti coerente con lo stile della città; linee del volto più marcate o più addolcite; un taglio di capelli che non ricordi di aver scelto. Altre volte il cambiamento è più evidente: gli occhi che brillano con un riflesso innaturale, come se custodissero una goccia di quella stessa energia che anima le strade; i capelli che sembrano muoversi leggermente anche quando l’aria è ferma, come sfiorati da una brezza invisibile; una lieve luminescenza sulla pelle, quasi impercettibile, che rende la tua presenza più calda e rassicurante… o al contrario un’ombra sottile che ti avvolge, rendendo il tuo profilo più misterioso, difficile da mettere a fuoco. Queste trasformazioni non sono solo estetiche: sono il modo in cui il mondo ti “legge” e ti riscrive un pochino per far spazio a chi sei. In un regno dominato dalla Luce potresti finire per emanare un chiarore tenue, come una lanterna in miniatura, che mette a proprio agio chi ti sta vicino. In un luogo vicino all’Oscurità, potresti accorgerti che le ombre ti seguono un po’ più da vicino del normale, che i tuoi occhi si abituano troppo facilmente al buio e che la tua figura sembra sempre leggermente in controluce. A Traverse Town, il cambiamento è spesso sottile ma inequivocabile: un tocco di viola negli occhi, un bordo iridescente attorno all’ombra che proietti a terra, un cristallino riflesso quando la luce colpisce i tuoi lineamenti nel modo giusto. Un segno del Nexus che non ti ha lasciato, ma ti ha portato qui. E nel frattempo, dentro di te, tutto il resto è intatto. Ricordi il tuo mondo, le persone che hai lasciato, le promesse non mantenute, i sogni interrotti. Sai di non essere più là. Sai di essere, in qualche modo, al sicuro qui… eppure non puoi scrollarti di dosso la sensazione che niente di tutto questo sia casuale. Sei in una città che ti tratta come se ci fossi sempre stato/a. Hai un corpo che ha iniziato a raccontare una storia nuova, senza chiederti il permesso. Ti sei svegliato dopo un sogno di cristalli viola e di chiamate senza voce. Da qui, il resto tocca a te. Puoi decidere chi eri davvero prima di quella notte, cosa ti manca, cosa non vorresti mai più rivedere, e perché, alla fine, hai seguito quella luce viola nel buio. Puoi scegliere se Traverse Town sarà solo una tappa o la tua nuova casa. Puoi raccontare come hai reagito: ti sei spaventato, hai riso, hai bestemmiato, ti sei messo a esplorare come se fosse un parco giochi? Qualunque sia la risposta, una cosa è certa: il Nexus ha cambiato le storie dei mondi… e adesso ha messo le mani anche sulla tua.




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