Dalla Rivoluzione industriale in avanti lo sviluppo tecnico-scientifico, prima occupato nella realizzazione di ingegni “futili”, si è prefissato la costruzione di macchine “utili”, al servizio del mercato e dell’industria. Nel XX secolo gli sviluppi della cibernetica, dell’informatica e più tardi della robotica hanno contribuito alla nascita di una nuova ambiziosa sfida per la ricerca. La volontà di creare artificialmente la mente umana, dichiarata per la prima volta nel 1955, ha suscitato non pochi clamori. Il nostro tempo, da un punto di vista scientifico ma anche culturale, è rappresentato dal computer. Attraverso questo strumento molti scienziati e studiosi sperano di simulare in tutto e per tutto la mente umana. Capacità cerebrali come la memoria oltre ad essere imitate sono state potenziate notevolmente ma la mente umana, non riducibile soltanto a questa facoltà, è molto più complessa di quanto ognuno di noi può immaginare. Innanzi tutto non possiamo scindere la mente dal corpo e non dobbiamo sottovalutare, nella simulazione della mente naturale, l’importanza delle emozioni. Distinte dai sentimenti, le emozioni sono la dimostrazione della stretta connessione tra mente e corpo. L’intelligenza stessa non può essere studiata a prescindere dalle emozioni, come dimostrano i recenti studi del neuroscienziato Damasio. La volontà di creare artificialmente la mente umana è piuttosto ambiziosa, per non dire impossibile, considerate le attuali conoscenze del reale funzionamento cerebrale umano. Questo desiderio, oltre che essere conseguenza degli sviluppi della ricerca scientifica della nostra epoca, non è altro che l’evoluzione di un sogno che l’uomo serba fin dall’antichità. Come antenati dei computer possiamo vedere gli automi che si iniziarono a costruire fin dal III secolo a.C. Queste creazioni che riproducevano sembianze e movimenti umani, se pur costruiti per divertire e sorprendere, suscitarono le stesse paure e superstizioni che, in chiave moderna, hanno suscitato le dichiarazioni dell’intelligenza artificiale forte. Dalle ancelle del dio Efesto dell’Iliade al Golem, fino ad arrivare a Frankenstein, la letteratura ha trattato questo argomento che nel XX secolo si è potuto rappresentare anche al cinema in versione cyber. I progressi e le aspirazioni tecnico-scientifiche hanno sviluppato, fin dall’antichità, un sentire collettivo fatto di paure, angosce ma anche di fiduciose speranze. Dalle aspettative futuristiche di inizio secolo siamo passati a una lettura critica, a volte apocalittica, del progresso scientifico per l’umanità. Ad inaugurare questa involuzione furono testi come Il mondo nuovo di Huxley, 1984 di Orwell e più avanti La società dello spettacolo di Debord. Soggetto di questi testi fondamentali non sono tanto gli sviluppi scientifici quanto l’uso che ne fa l’uomo. La responsabilità dell’umanità nel gestire gli strumenti, frutto del progresso tecnico, è ciò che più sta a cuore a questi autori che denunciano l’appropriazione di tali ricchezze soltanto da parte di piccole élites. Oltre questo, il cattivo uso di strumenti come la televisione, la radio hanno contribuito a creare una società di uomini-automi che, succubi di tali strumenti, si rivelano feticisti, non soggetti attivi ma oggetti mercificati. La società contemporanea è per il filosofo situazionista Debord spettacolo, apparenza dove tutto viene mercificato, compresa la vita degli uomini e il loro tempo libero. Lo sviluppo tecnologico non ha contribuito, come avrebbe dovuto, a un miglioramento delle condizioni di vita dell’umanità ma è stato utilizzato dai pochi per asservire i molti. Questo è il monito e la condanna che tali autori vogliono trasmetterci allo scopo di suscitare una reazione, un abbandono della contemplazione, l’atteggiamento nocivo che permette allo spettacolo di sopravvivere in Lo spettacolo, attraverso i mezzi di comunicazione di massa, si serve della pubblicità, strumento per niente innocuo. Il pubblicitario, affermava Huxley in Ritorno al mondo nuovo, si comporta come il dittatore: studia i bisogni e i desideri più inconsci dell’uomo e in maniera subdola li sfrutta per far acquistare un prodotto, un aspirante politico. Ovviamente il cliente non riceverà mai quanto gli è stato promesso ma di fronte a una nuova proposta pubblicitaria, se non avrà sviluppato un proprio senso critico, sarà nuovamente indotto a comprare. Un esempio di quanto affermato è l’illusione del Sogno Americano, ribattezzato da Debord come american way of death e da Burroughs come l’ultimo e più grande tradimento dell’ultimo e più grande dei sogni dell’uomo. Contro questo falso sogno di opulenza risposero milioni di consumatori, specialmente in America, attraverso quelle che possiamo chiamare le prime riviste anti-pubblicità. Furono poi i stessi movimenti controculturali, come i situazionisti, punk e cyberpunk ad ereditare e sviluppare questo importante compito. In particolare, nel 1984, fu coniato il termine culture jamming, “interferenza culturale” che consiste nel deturpare i cartelloni pubblicitari per sovvertire il messaggio. Gli attivisti della culture jamming usano come strumenti dai graffiti alla tecnologia high-tech in opposizione alla concentrazione dei mezzi d’informazione nelle mani di pochi proprietari. Lo sviluppo tecnologico ha contribuito attraverso l’apparizione di radio, televisione, Internet a rafforzare il potere della pubblicità e dell’informazione di massa. Informazione che i movimenti controculturali considerano sempre più come disinformazione, o come un’ ulteriore forma di pubblicità a servizio dell’economia e, in generale, di un sistema fondamentalmente corrotto. Ripercorrendo la storia dei movimenti controculturali del XX sec. ci accorgiamo che lo studio della relazione uomo-macchina è sempre presente. Tuttavia, se fino al movimento punk possiamo osservare una più o meno dichiarata opposizione alla tecnologia, intesa come strumento di potere, dagli anni ’80 in poi le cose cambiano. I movimenti controculturali, nati sul finire del ventesimo secolo, hanno unito alla critica il tentativo di appropriarsi degli strumenti tecnologici. Il movimento cyberpunk è consapevole del potere di tali strumenti ma cerca di promuoverne un uso intelligente e positivo per tutta l’umanità. L’uscita sul mercato di importanti innovazioni tecnologiche come Internet ha incentivato un ripensamento delle teorie della prassi delle controculture. Il cyberspazio, questo sistema in rete ha assunto un’importanza fondamentale per una nuova forma di relazione, cooperazione, critica e trasformazione sociale. Se fino alla metà del secolo il computer appariva come uno strumento di alienazione dell’individuo, i nuovi attivisti rivendicano il computer come strumento della contestazione, promuovendo una propria etica basata sul diritto illimitato all’informazione e alla cooperazione tra gli individui. Questi nuovi movimenti culturali, incessantemente trasformati con il variare del contesto sociale e tecnologico, non hanno leader o delle icone alle quali riferirsi, preferiscono puntare sulla potenza della collettività, quasi esplicando la promessa implicita nel general intellect marxiano. Soltanto una moltitudine di uomini liberi e consapevoli dello spettacolo può contrastare le élites di un potere centralizzato. Scarica la Tesi Completa [85 pag - 428 Kb]