Le Terre di Falgorth

FALGORTH – ANNO 1737
La città di Aldheran era in subbuglio, dopo l'esecuzione della regina Misada e della sua famiglia in piazza, davanti al palazzo reale. I popolani, finalmente liberi dall'oppressione della monarchia, inneggiavano al loro liberatore, Oliver Dubya, detto il Rosso, che aveva organizzato la sommossa. Tutto era cominciato, quando lo stesso Dubya, un giornalista della "Voce di Alderhan", di cui nessuno aveva visto il viso dopo un incidente, aveva scoperto che i soldi che la regina Misada aveva promesso per il sostentamento dei poveri, erano stati intascati, tramite giri contabili, dalla stessa famiglia reale. La regina più di una volta era intervenuta per dimostrare la sua estraneità ai fatti, ma Dubya l'aveva sempre sbugiardata. Il malcontento popolare cresceva fomentato anche dalla crescita della povertà, amplificata dalla nascita delle prime fabbriche e dei primi quartieri popolari. La rivolta era stata fulminea: alcuni gruppi di soldati della rivoluzione, armati alla bell'e meglio, avevano attaccato a sorpresa l'arsenale, trucidando i soldati della guardia reale e rubando armi e artiglieria, che avevano usato per assaltare il palazzo. Un gruppo ristretto era entrato, aveva ucciso più persone che poteva, salvando solo i membri della famiglia reale, tranne la principessa Lisandra, che era morta sotto il crollo di una parete, per un colpo di cannone sparato al momento sbagliato. Gli altri erano stati presi e portati nella piazza là di fronte dove, dopo un processo sommario di un'ora, tenuto davanti ai rivoltosi urlanti, un giudice aveva comminato loro la pena di morte per decapitazione, da eseguire il giorno dopo. Fu uno spettacolo terribile e magnifico al tempo stesso: i reali, vennero portati su un carro a vapore davanti al boia, tra gli insulti e gli sputi della folla, ma mai avevano perso la loro dignità. Uno per uno vennero decapitati con un secco colpo d'ascia, ogni volta accompagnato dalle esultanze della folla. Dopo i dovuti festeggiamenti e l'instaurazione di un governo repubblicano, che aveva come console generale lo stesso Dubya, la rabbia della folla si stava sfogando su tutti gli altri nobili e su tutti quelli che avevano legami, veri o presunti, con loro. Dei veri rastrellamenti si tenevano casa per casa e al boia non mancava mai il lavoro. Nei quartieri poveri c'era un'atmosfera di gioia, la gente aspettava con entusiasmo l'arrivo di una vita migliore.