Dopo la conclusione del suo contratto come animatore presso la Toei Animation, Tezuka Osamu (1928-1989), già acclamato da pubblico e critica per le sue opere a fumetti, decise di creare uno studio indipendente per mezzo del quale realizzare le animazioni sperimentali che lo avevano sempre affascinato, nonché le trasposizioni delle sue storie originali racchiuse nei vari volumi che aveva pubblicato a partire dai suoi anni universitari. Grazie proprio ai ricavati ottenuti dalle vendite dei suoi manga, nel 1961 fu inaugurata la Tezuka Osamu Production Dgabu, che nel 1962 mutò il nome nel più celebre Mushi Production. La casa di produzione fu pionieristica nel campo della serializzazione animata, portando alla luce intramontabili successi come Tetsuwan Atomu (1963-66, “Atom dal braccio di ferro”, conosciuto internazionalmente come Astro Boy), Janguru taitei (1965-66, “L'imperatore della giungla”, in Italia Kimba, il leone bianco) , Ribon no kishi (1967-68, “Il cavaliere del fiocco”, in Italia La principessa Zaffiro) e Dororo to Hyakkimaru (1969, Dororo e Hyakkimaru). Nonostante i successi iniziali portati dall'animazione rivolta a un pubblico composto principalmente da bambini, già nel corso degli anni Sessanta l'interesse dei lettori e degli spettatori nipponici parve virare verso storie dai contenuti più adulti, in cui temi come la sessualità, la criminalità e la violenza non fossero esclusi a priori. Tezuka, dal canto suo, non aveva mai nascosto la volontà di compiere un passo in avanti nelle sue opere sia in qualità di animazioni sia di tematiche trattate, tanto che la Mushi Pro era già avvezza a questo tipo di lavori grazie a titoli come Aru machikado no monogatari (1962, “Storie di un angolo di strada”), Tenrankai no e (1966, “Quadri di un'esposizione), e altri cortometraggi. Pertanto, la proposta della Nippon Herald di realizzare dei lungometraggi cinematografici per adulti venne accolta dalla Mushi Production in un periodo di relativa recessione dello studio, dovuta ai limitati ascolti delle ultime serie televisive cui si era dedicata. Si avviò quindi la produzione di tre Animerama – un neologismo coniato dalla fusione dei termini “animation” e “drama”, che potremmo tradurre come “drammi animati” – per la regia di Yamamoto Eiichi, che già aveva diretto opere come Tetsuwan Atomu e Janguru taitei, nonché i primissimi lavori dello studio, Aru machikado no monogatari e Osu (1962, “Maschio”), rispettivamente un mediometraggio e un corto dai tratti sperimentali. L'opera che diede l'avvio alla trilogia fu Sen'ya ichiya monogatari (1969, “Le mille e una notte”), un adattamento di parte della raccolta anonima di novelle arabo-persiane Le mille e una notte. Per l'occasione furono realizzati 120.000 disegni e si impiegarono 800 persone tra i membri dello staff di vari studi dell'epoca. Il film narra le vicende del venditore d'acqua Aladdin e del suo avventuroso e, in parte, sfortunato percorso di vita conseguente la morte dell'amata Miriam, donna bellissima di cui si erano invaghiti persino alcuni uomini potenti, e dalla quale ha avuto una figlia che non conoscerà per i suoi primi quindici anni di vita. La sceneggiatura si focalizza particolarmente sui viaggi compiuti dal protagonista per sfuggire alle ripercussioni delle sue azioni, e sul suo riscatto sociale, avvenuto dopo il fortuito incontro con il Genio, destinato a portargli ricchezze infinite. Parte centrale è anche data alla storia d'amore di sua figlia Jalis con il giovane pastore Aslan, ostacolata dal padre adottivo di lei e sostenuta invece, più per caso che per intenzioni, da una coppia di alieni in visita sulla Terra. Il buon riscontro di pubblico e il discreto successo della critica incoraggiò la realizzazione del secondo film della trilogia: Kureopatora (1970, “Cleopatra”). La protagonista, stavolta, è la regina Cleopatra, e la narrazione è incentrata sugli intrecci amorosi che ella intrattenne con figure storiche d Roma al fine di proteggere l'Egitto dagli invasori e mantenerne l'autonomia. La conclusione sarà molto più tragica rispetto al lungometraggio precedente: la donna si suiciderà per sfuggire a Ottaviano, nuovo conquistatore dell'Impero, che la vuole condannare a morte. Kureopatora è più ambizioso e decisamente più erotico di Sen'ya ichiya monogatari, tanto da essere stato persino esportato negli Stati Uniti con il titolo Cleopatra: Queen of Sex, nonostante in esso si sia ricorso nuovamente a segni ed espedienti vari pur di non cadere nella sessualità esplicita. Anche le premesse del prologo sono interessanti: per poter contrattaccare al “piano Cleopatra” ideato dalla razza aliena dei Pastorin al fine di conquistare la Terra, tre astronauti di un futuro imprecisato acconsentono al trasferimento della loro anima in persone del passato, per svelare in tal modo le loro intenzioni. Sebbene il primo film avesse fruttato un buon risultato in termini di botteghino, la Mushi Production aveva incassato solo un terzo del ricavato a causa degli accordi stipulati con la Nippon Herald, e Kureopatora non ebbe il riscontro auspicato, così la casa di produzione di Tezuka finì col non ricevere alcuno dei proventi. Questi fu costretto a lasciare lo studio nel 1971, dopo aver suscitato aspre critiche a causa della sua volontà di mantenere il doppio ruolo di autore e manager, fallendo nell'ultimo. Per sopperire alle perdite e garantire la sopravvivenza della Mushi Pro, la nuova amministrazione chiese un prestito alla Fuji TV, cedendole in cambio i diritti di tutte le produzioni fino al 1978. Il terzo titolo fu avviato e concluso nel 1972, ma la Nippon Herald bollò la pellicola come eccessivamente sofisticata, costringendone la rielaborazione di un terzo del totale ed esaurendo ulteriormente le casse della Mushi Pro. Nel giugno 1973, Kanashimi no beradonna (“Belladonna di tristezza”) resistette solamente dieci giorni nelle sale cinematografiche, e segnò la fine già preannunciata dello studio, che chiuse i battenti per banca rotta quello stesso anno. Kanashimi no beradonna era – e lo è ancora – un lungometraggio molto sperimentale. Non è rimasto nulla dei colori brillanti e della commedia dei due film che lo hanno preceduto: i toni sono cupi, le animazioni rade e limitate, i temi trattati sono pesanti e le scene che li illustrano sono crude, violente, disturbanti. La storia della giovane Jeanne, una sposina del Medioevo francese che stipula un patto con il Diavolo per salvare il marito dai potenti corrotti, è irta di persecuzioni, stupri, sangue, dolore. Oltretutto, i disegni sono prevalentemente statici, e spesso il film sembra essere più un collage di immagini curatissime e ricercate su cui sono state apposte delle voci in postproduzione che una vera e propria animazione. Il carattere altamente sperimentale della pellicola ha fatto sì che questa ottenesse il plauso della critica, ma in contemporanea la diffidenza del pubblico. Il 26 novembre 1977, in ogni caso, una nuova casa di produzione fu ricostituita, stavolta con il nome di Mushi Production Kabushikigaisha, abbreviato come Shin Mushi Pro, ed è attiva tutt'oggi. La prima opera del nuovo studio fu il lungometraggio Hokkyoku no Mshika, Miishika (1979 “Mshka e Mshka del Polo Nord”), cui fecero seguito la produzione di un discreto numero di altri film, di corti e di opere per la televisione. Durante gli ultimi anni, la Shin Mushi Pro è operativa soprattutto nell'interpolazione di molte serie televisive e in altri aspetti tecnici d'animazione, per la maggior parte delle volte mediante un contratto subordinato presso altri studi. Scarica la Tesi Completa [275 pag - 5,11 Mb]