The Mask and the Rose - Irish gdr

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« Crepa! » l’ultima cosa che sentì fu una voce femminile acida, che gli perforava i timpani con la stessa forza di un trapano; per un attimo ricordò i suoi occhi illuminati da un disarmante sadismo, mentre gli ficcava la canna della pisola in bocca. « Crepa verme! » ripeté la ragazza, in preda ad una risata tanto dolce quanto la sua affermazione precedente, riversò la testa all’indietro, facendo oscillare i capelli biondi, l’unica cosa non avvolta nell’oscurità, oltre al luccichio della pistola.
Il terrore che vide sul volto della sua vittima non la fece esitare: conficco ancora più giù l’arma e premette il grilletto. « Puliscila » schifata Rose lanciò la semiautomatica addosso al ragazzino che l’aveva accompagnata, per imparare.
“È matta quella” convenne con se stesso mentre sfregava con un cencio l’oggetto bagnato di saliva; tutte le volte che i Signori lo mettevano al seguito della sadica biondina il sangue nelle sue vene diventava ghiaccio, e brividi di terrore continui lo attraversavano. Nella sua mente erano presenti, uno ad uno, come fotografie lucide in un album, tutti gli orribili momenti passati in compagnia di quella pazza: da quando l’aveva vista, la prima volta, col capo chino su una pila di libri, concentrata a scrivere la soluzione di un rompicapo matematico, a quando l’aveva vista freddare, con una pallottola in piena fronte, un poliziotto che li inseguiva - « mi ha fatto spaccare un tacco delle mie nuove Louboutin » si era difesa dalle accuse dei Signori -.
Non che lei fosse l’unica terrificante, in quel vasto gruppo di pazzi.
La foga con cui il più piccolo O’Dunsany cavava gli occhi alle vittime dell’amica d’infanzia, sorridendo eccitato, lo aveva terrorizzato quanto trovarsi un orso nel letto. Non che fosse da meno la velocità con cui Carlton Johnson decapitava una buona decina di persone, né la precisione con cui Arledde conficcava nel cervello del bersaglio quei suoi carinissimi coltellini da lancio - che poi toccava a lui estrarre - aveva pari.
Chi più chi meno, ogni persona di quella congiura era spaventosa.

Sicuramente, se il sindaco non fosse entrato in coma, e suo padre non avesse riallacciato i contatti con i suoi amici d’infanzia lui non avrebbe dovuto seguire i simpatici figli dei Johnson e degli O’Dunsany per imparare ad ammazzare la gente. Purtroppo però la tranquilla cittadina di Murphy, da sempre squassata da lotte intestine fra le due famiglie rivali, con l’uscita di scena del sindaco era tornata alla vecchia guerra per il potere. Ed era allora che aveva fatto la sua apparizione l’Aitil - la cosa persino più inutile di Dan aveva subito puntualizzato Rose, rispondendo alle sue domande - una - stramaledetta - associazione di nobili e non che volevano fermare quella silenziosa rivolta sanguinolenta che stava mettendo gli uni contro gli altri i cittadini immortali.

« Siamo amici d’infanzia » spiegava la ragazza mentre fissava con l’ennesima forcina lo chignon che le troneggiava sulla nuca « anche i nostri genitori lo sono, anche se i nonni erano rivali » conficcò tra i capelli biondi l’ennesimo aggeggino metallico « e credo che ancora un po’ lo siano » si affrettò a precisare, prima di mettersi il cappotto, prendere la pistola ed uscire dal retro del palazzo. Ma il ragazzino non era della stessa idea della bionda: due vecchietti le cui famiglie si sono dichiarate guerra per secoli e che solo da pochi decenni collaborano dovevano sicuramente aver trovato qualcosa per sedare il vecchio astio ed andare d’accordo. Il motivo era fin troppo semplice: volevano riaverla, bravano la loro amata città, rubatagli dal sindaco e dai suoi dannati sostenitori.
Era per questo che lottavano, prima l’uno contro l’altro, come ai vecchi tempi, poi insieme, uniti dal tempo e dai ricordi condivisi nel corso degli ultimi anni.
Era per Murphy che, da quando quello stramaledetto vecchietto era entrato in coma, avevano iniziato questa corsa al “trono” contro i sostenitori di una piccola repubblica, la polizia e l’Aitil.
Loro non volevano un sindaco, loro rivolevano il re, col suo seguito e lo sfarzo che aveva donato alla città.
Rivolevano i suoi tempi d’oro, i loro tempi d’oro. E ci sarebbero riusciti, in un modo o nell’altro.

« Spara, cretino, spara! » la voce eccitata della bionda gli perforava i timpani, mentre la pistola fra le sue mani sembrava in preda ad un attacco di epilessia, tanto tremava. « Spara ti ho detto » non avrebbe potuto, lui non era come quei matti, aveva un fottutissimo cuore, lui. Forse. Almeno fino a che la fredda canna metallica non gli si posò sul collo. « O lo ammazzi te, o io e Rose ammazziamo tutti e due » Stiofan era intervenuto, come succedeva tutte le volte che la bionda terrorizzava talmente tanto il compagno da impedirgli anche solo di pensare e farlo restare immobile. Non era questo il caso: lui pensava, anche troppo, e lei lo spronava, anche troppo, col suo riso anche troppo divertito.
« La prima volta fa paura, poi diventa quasi naturale » la voce della ragazza divenne calda, paragonata a quella di poco prima « i sensi di colpa svaniscono subito ». Si avvicinò di più alla povera vittima immobilizzata da un licantropo corpulento, togliendo la sicura dall’arma. La stessa identica operazione che fece anche il ragazzo, dietro al suo collo.
Deglutì.
Il rumore di uno sparo in lontananza. Altro lavoro, domani.

Il commissario si addormentò con questo pensiero.

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