
Varchiamo le soglie dell'immaginario!
L'arrivo alla Fiera di Roma per il Romics 35 è un'esperienza sensoriale (anche un pò per il traffico sul GRA in realtà!), una transizione da un piano di realtà a un altro. L'aria stessa sembra risuonare di un'energia diversa, un ronzio di una moltitudine generato da decine di migliaia di appassionati del mondo dei giochi, dei fumetti e dell'animazione... insomma il nostro pane quotidiano! Un flusso ininterrotto di cosplayer trasforma i viali della Nuova Fiera di Roma (oddio nuova, qualche lavoro di ristrutturazione iniziano ad essere impellenti) in un palcoscenico dove i confini tra finzione e realtà si restringono fino a svanire.
Due volte l'anno, in primavera e in autunno, il popolo della cultura pop converge sulla capitale per celebrare i propri beniamini e la propria creatività. La 35ª edizione, traguardo significativo per una manifestazione nata nel 2001, non è solo una celebrazione ma una conferma della sua oramai bidecennale rilevanza culturale. Romics è diventato un'istituzione, un barometro dello stato dell'arte del fumetto, dell'animazione, del cinema e del gioco in Italia e nel mondo.
In un universo così denso e diversificato, tentare di afferrare l'interezza sarebbe un'impresa da cinque 20 naturali consecutivi. L'articolo si concentrerà su cinque "meraviglie" specifiche, cinque punti specifici che, più di altri, hanno saputo incarnare lo spirito creativo, il potere nostalgico e la profondità artistica che hanno definito il Romics autunnale 2025. Dalla meticolosa arte cartografica (la cosa che abbiamo preferito di più in assoluto!) che dà corpo ai sogni alla celebrazione della magia cinematografica artigianale di un tempo, passando per un concerto di nostalgia collettiva, un'analisi della fragilità dei supereroi e la celebrazione di una comunità globale che trasforma la passione in arte!

→ L'Arte che guida i sogni: la cartografia fantastica di Francesca Baerald ←
All'interno del pantheon di ospiti illustri di Romics 35, la presenza di Francesca Baerald ha rappresentato un momento di rara intensità artistica. Celebrata come Special Guest, Baerald non è semplicemente un'illustratrice, ma una figura di caratura internazionale, una cartografa il cui nome è indissolubilmente legato alla visualizzazione di alcuni degli universi immaginari più amati del nostro tempo. Il suo portfolio è un catalogo di mitologie moderne: da Dungeons & Dragons a Warcraft, da Diablo a Game of Thrones. La sua statura è ulteriormente consolidata da riconoscimenti prestigiosi, come la Medaglia d'Oro agli ENNIE Awards 2024 per la Miglior Cartografia e il premio PLAY Magnifico, che la consacrano come una maestra indiscussa del suo mestiere.
La sua mostra, intitolata "La Geografia dell'immaginario e del sogno", era molto più di una semplice esposizione di opere; era un'affermazione filosofica davvero imponente. Il concetto curatoriale si fondava su un'idea potente: presentare le mappe non come illustrazioni, ma come autentici artefatti magici, reperti recuperati da mondi lontani. Questo approccio si manifestava in un deliberato e quasi polemico contrasto con l'estetica digitale dominante. Ogni mappa esposta era il frutto di un processo minuzioso e paziente, realizzata interamente a mano con matite, inchiostri, penne e acquerelli. Si tratta degli stessi strumenti che un cartografo avrebbe potuto usare secoli fa, una scelta che infonde in ogni pezzo un'aura di storicità e tangibilità. Il percorso espositivo guidava il visitatore attraverso geografie familiari, rese nuove e concrete dal tocco dell'artista.
Videogiochi come Manufatti Tangibili: La sezione dedicata ai videogiochi era una lezione su come trasformare il digitale in fisico. La mappa dell'Edizione da Collezione di Diablo IV non si limitava a rappresentare Sanctuarium, ma sembrava trasudarne gli orrori, un documento antico macchiato dalla corruzione del mondo che descriveva. Le mappe di Thedas (Dragon Age) e delle terre esplorate da Aloy (Horizon Forbidden West) cessavano di essere semplici interfacce di gioco per diventare documenti storici, testimonianze di civiltà e cataclismi. Un dettaglio di particolare interesse era la mappa di Baghdad per Assassin's Creed Mirage, che invitava a un gioco di sguardi per trovare il protagonista Basim nascosto tra le sue vie, trasformando l'osservatore in un partecipante attivo. L'inclusione di uno schizzo preparatorio inedito per Octopath Traveler offriva una rara finestra sul processo creativo, un dietro le quinte che svelava la genesi di questi mondi.
La Letteratura come Spazio Navigabile: Le opere legate alla letteratura e all'animazione dimostravano come una mappa possa fungere da ancora emotiva e narrativa. La recente mappa dell'Era Hyboriana di Conan fungeva da pietra angolare per tutte le nuove saghe a fumetti e letterarie del barbaro cimmero. Le tavole realizzate per The Rise of the Dragon di George R.R. Martin non illustravano semplicemente Westeros, ma ne raccontavano la storia dinastica. Un'anteprima particolarmente apprezzata è stata la nuova mappa di Ketterdam, creata per l'edizione speciale dell'anniversario di Sei di Corvi, un'opera che dialoga direttamente con l'immaginario visivo consolidato dalla serie Netflix Shadow and Bone.
L'approccio di Francesca Baerald trascende la mera abilità tecnica. In un'epoca definita dalla velocità e dalla smaterializzazione dei contenuti digitali, la sua scelta di utilizzare tecniche antiche e manuali non è un vezzo stilistico, ma un atto di resistenza artistica. Ogni mappa, con le sue texture, le sue volute imperfezioni e i dettagli nascosti che premiano un'osservazione lenta e attenta, si oppone al consumo rapido e superficiale. Questo processo meticoloso compie un atto di profonda importanza: quello della legittimazione del mondo. Una mappa disegnata a mano non sembra creata per un mondo fantastico; sembra creata da quel mondo. Possiede un peso, una storia, una fisicità che un'immagine a schermo non potrà mai replicare. In questo senso, le sue opere non sono semplici guide per orientarsi in luoghi immaginari; sono la prova stessa della loro esistenza.

→ La magia del cinema fatta a mano: Il Romics d'Oro a Kevin Pike ←
Il Romics d'Oro, il più alto riconoscimento della manifestazione, è stato conferito per la 35ª edizione a Kevin Pike, un maestro degli effetti speciali la cui carriera incarna un'epoca d'oro del cinema fantastico. La scelta di premiare Pike non è stata casuale, ma si configura come una precisa dichiarazione curatoriale: in un panorama dominato dalla computer-generated imagery (CGI), Romics ha scelto di celebrare l'arte fondamentale, e spesso sottovalutata, degli effetti speciali pratici, il "fatto a mano" che ha dato forma ai sogni di intere generazioni.
La traiettoria professionale di Pike è essa stessa una sceneggiatura hollywoodiana. Iniziata quasi per caso nel 1974, quando da semplice ragazzo del posto fu assunto sul set de Lo Squalo (Jaws), la sua carriera è un susseguirsi di collaborazioni con i più grandi registi e di contributi a film che hanno definito la storia del cinema. Il suo nome è legato in modo indissolubile a Ritorno al Futuro (Back to the Future), film per cui ha supervisionato gli effetti speciali, ricevendo una nomination ai BAFTA e, soprattutto, guidando la costruzione dell'iconica DeLorean macchina del tempo, un oggetto che ha trasceso il suo ruolo di scena per diventare un simbolo culturale. La sua filmografia è un attestato della sua versatilità e del suo genio, spaziando dalle avventure di Indiana Jones e il Tempio Maledetto (Indiana Jones and the Temple of Doom) alle atmosfere cupe di Fight Club, fino al terrore preistorico di Jurassic Park III, lavorando al fianco di visionari come Steven Spielberg, George Lucas, Tim Burton e David Fincher.
Analizzare il lavoro di Pike significa comprendere l'impatto viscerale e tangibile della sua arte. C'è un peso, una presenza fisica nello squalo meccanico di Jaws o negli intricati meccanismi della DeLorean che spesso manca nelle creazioni digitali, a volte percepite come incorporee. Il suo lavoro non è solo estetica, ma ingegneria, scultura e problem-solving. Rappresenta una forma di magia cinematografica più radicata nel mondo fisico, una magia che inganna l'occhio costruendo l'impossibile nel reale, anziché dipingerlo in un ambiente virtuale.
La decisione di Romics di assegnare il suo premio più prestigioso a un supervisore degli effetti speciali, anziché a un fumettista o a un regista, è profondamente significativa. I migliori effetti pratici sono, per loro natura, un'"arte invisibile". Il loro scopo è integrarsi così perfettamente nella realtà del film da non attirare l'attenzione sulla propria artificiosità. A differenza del tratto stilizzato di un fumetto o dell'espressività di un personaggio animato, l'obiettivo è un realismo che sospenda l'incredulità. Onorando Kevin Pike, Romics compie un passo importante: espande la definizione di "arte della cultura pop" per includere le maestranze tecniche che rendono possibile la magia del cinema. Questo premio diventa così un manifesto a favore dell'artigianalità, una dichiarazione che la perizia tecnica dietro l'illusione è tanto importante quanto l'illusione stessa. In un'epoca in cui il pubblico è fin troppo consapevole della CGI, il Romics d'Oro a Pike funge da potente promemoria di un diverso tipo di genio: quello che non renderizza pixel, ma costruisce fisicamente l'incredibile.

→ Un tuffo nella nostalgia collettiva: il Concerto di Cristina D'Avena e i Gem Boy ←
Tra gli eventi più attesi del palinsesto di Romics 35, il concerto di Cristina D'Avena con i Gem Boy ha rappresentato un vero e proprio epicentro emotivo. Programmato per sabato 4 ottobre alle 19:00 sul palco principale del Padiglione 8, l'evento era carico di un'attesa particolare, trattandosi della prima esibizione congiunta dei due artisti sul palco della kermesse romana, un debutto che prometteva di essere memorabile.
Cristina D'Avena non è semplicemente una cantante di successo; è la "voce dell'infanzia" per almeno tre generazioni. Le sue "sigle" dei cartoni animati sono più che canzoni: sono madeleine proustiane, capsule del tempo sonore che hanno il potere di evocare istantaneamente ricordi, emozioni e pomeriggi passati davanti alla televisione. A questa figura quasi materna e universalmente amata si contrappone l'energia del "rock demenziale" dei Gem Boy, una band che ha costruito la propria carriera sulla parodia irriverente e affettuosa dello stesso identico materiale culturale. La loro unione sul palco crea una dinamica affascinante: l'inno e la sua caricatura, il sacro e il profano che si incontrano per celebrare la stessa fede.
L'atmosfera del concerto era quella di una grande festa intergenerazionale, una serata magica definita da un'ondata di nostalgia ed energia contagiosa. Come testimoniato da innumerevoli esibizioni passate, il pubblico di Cristina D'Avena è un mosaico di età diverse: adulti che rivivono la propria giovinezza, spesso accompagnati dai propri figli, in un passaggio di testimone culturale. La scaletta, prevedibilmente ricca di classici intramontabili come
I Puffi, Sailor Moon, Mila e Shiro e Occhi di gatto, ha funzionato come un catalizzatore per un gigantesco coro, un karaoke collettivo che ha unito migliaia di voci in un unico canto.

→ Eroi più Umani che Umani: l'analisi sociale di "Mutanti e Metaumani" ←
Accanto agli eventi spettacolari e agli incontri con gli autori, il programma culturale di Romics 35 ha offerto spazi di riflessione di notevole spessore, tra cui spiccava la mostra tematica "Mutanti e Metaumani". Allestita nell'area espositiva del Padiglione 5 e accessibile per tutta la durata della fiera, questa esposizione si è distinta per il suo approccio critico e analitico a una delle figure centrali della cultura pop: il supereroe.
La tesi centrale della mostra era tanto semplice quanto profonda: indagare il supereroe non come archetipo di perfezione e potere, ma come creatura definita dalle proprie fragilità, dal senso di inadeguatezza e dalla propria diversità. Il titolo stesso, "Mutanti e Metaumani", allude a esseri la cui natura è intrinsecamente "altra". La mostra celebrava queste figure come creature "più umane dell'umano", esplorando la dimensione sociale del loro essere, che fossero alieni sperduti sulla Terra, divinità umanizzate, individui con un genoma alterato o scienziati trasformati da incidenti di laboratorio. Il focus non era sui poteri, ma sul peso della loro condizione.
Per esplorare questa complessa tematica, la mostra, nata dalla collaborazione tra Romics, Cart Gallery e Fabrizio D'Amelia (Statue Collectors), ha adottato un approccio multimediale. Il percorso espositivo intrecciava tavole originali di fumetti rari, illustrazioni d'autore e preziose statue da collezione. Questa scelta curatoriale permetteva di osservare come il tropo dell'eroe come "outsider" sia stato declinato e rappresentato attraverso diversi linguaggi artistici. Le tavole a fumetti mostravano la narrazione e il dialogo interiore, le illustrazioni ne catturavano l'essenza iconica e le statue ne restituivano la tridimensionalità, spesso in pose che suggerivano conflitto e introspezione più che trionfo.

→ Vecchi e Nuovi Amici intorno a noi! ←
Immancabile la nostra visita allo stand del play-by-chat Star Trek Horizon, una presenza fissa al Romics. Lì ci hanno accolto con un drink rinfrescante al Bar di Quark e ci siamo divertiti con una bella partita a Dabo!

Un incontro inatteso è stato quello con le due fantastiche goblin, Snifu e Dedda, provenienti da Maras-Dantia (la loro storia è ispirata alla trilogia "Orchi" di Stan Nicholls!). Fanno parte delle "Zanne di Ghoor", la loro divinità, un orco leggendario che le ha liberate dalla schiavitù dei demoni e che viene rappresentato con il corno di un demone tra i denti. Dopo un'intensa sessione di baratto, siamo riusciti a ottenere un loro braccialetto fatto a mano dall'esotico nome di “Merdaviglie”. Semplicemente fantastiche!

Infine, un ricordo speciale va al Romics Cosplay Kids. Non è una competizione, ma una dolcissima festa piena di fantasia, dove ogni piccolo partecipante può esprimere la propria creatività e vivere un'esperienza unica. Un momento speciale da condividere con tutta la famiglia, che viene invitata a contribuire alla creazione dei costumi, trasformando la preparazione in un'occasione di gioco e collaborazione.
Il (triste) ritorno al Mondo Reale
Mentre le luci dei padiglioni si affievoliscono e il flusso di visitatori si riversa nuovamente nel mondo esterno, l'eco dell'esperienza Romics persiste. Le cinque meraviglie analizzate in questo report, pur diverse nella forma e nel contenuto, convergono verso un unico tema centrale: la celebrazione della creatività umana in tutte le sue multiformi espressioni.
Il successo duraturo di Romics risiede proprio nella sua capacità di fungere da nesso culturale, un crocevia dove queste energie creative, così diverse, possono incontrarsi, dialogare e contaminarsi. È uno spazio dove creatori e fan, nostalgia e innovazione, arte e comunità cessano di essere categorie distinte per fondersi in un'unica, vibrante esperienza.
L'appassionato lascia la Fiera di Roma non solo con borse piene di fumetti e gadget, ma con un bagaglio immateriale ben più prezioso. Porta con sé l'ispirazione nata dall'incontro con un artista, una rinnovata stima per le storie che ama e la sensazione di appartenere a una vasta e variegata comunità. Metaforicamente, porta con sé una nuova mappa, non dissimile da quelle di Baerald: una guida per navigare la propria immaginazione, tracciando rotte verso nuovi sogni, in attesa che le porte di questo universo fantastico si riaprano per la prossima edizione.
Alla prossima edizione!











