11/01/2009 18:23:48 e modificato da ulqiorra il 11/01/2009 18:31:44
Complimenti per la domanda e le numerosissime risposte, con tanto di argomentazioni. Un argomento davvero degno di essere discusso e preso seriamente in considerazione dalla comunità popolante.
Mi dovrete perdonare la possibilità di non essere propriamente conciso nell'esporre la mia idea, ma ho pareri parzialmente discordanti con le teorie esposte ed i pensieri espressi.
Ad alimentare e condire il già impegnativo argomento s'è aggiunto quello che affronta la questione pbc come "realtà squisitamente italiana" [cit. L. Scuderi] a confronto con la praticamente certa assenza di una realtà della stessa portata all'estero.
In primo luogo sul calo di utenza mi viene subito da sorridere, non certo per piacere derivato da insano e perverso sadismo, ma perchè si sta verificando quel che già aveva intuito il caro buon vecchio gemini (a cui andranno sempre i miei ringraziamenti). Ovvio che, chiamandomi da solo a sbilanciarmi, tendo proprio a seguire la sua personale teoria sullo spopolamento del pbc e della sua previsione apocalittica le cui cause, sinceramente, vi invito a leggerle sulla sua fanzine (e più precisamente "Sciops", n.11, novembre 2008).
Alcune sono già state nominate dal buon Damien che ha descritto in maniera molto esaustiva le 'macrocategorie' così definite da chi mi precede nell'ordine degli interventi.
Anzitutto tenterò di chiarire qual è la mia posizione su un problema di primaria importanza: la suddivisione tra il 'buon gioco purista' e 'il cattivo gioco originato dai pbc'. Non è un discorso di purismo o meno, o meglio, non ha senso metterla in questi termini e usare la purezza del gioco di ruolo come unità di misura di giudizio e qualità: già a partire dalle conoscenze preliminari dei giocatori di gdr, io penso che nonostante ai più giovani manchino con molta probabilità le molteplici ore spese ai tavoli da gioco e che l'oggetto del gioco di ruolo sia una serie di cartoni animati, come al solito è il buonsenso, la voglia di imparare, di codividere la passione, l'azione ludica pura e l'apertura mentale già profetizzata da moltissimi prima di me, quel che deve guidare le nuove leve (oltre che le vecchie, avvantaggiate dalla loro esperienza precedente ai 'classici da tavolo e dal vivo').
E' un discorso valido non solo nel gdr ma anche nella vita in generale: avere una cultura ed esperienza significa avere la fortuna di aver immagazzinato esempi, di aver già imparato (mai abbastanza) che ci sono moltissime sfaccettature, scelte possibili. Con questo intendo dire che 'imparare a ruolare', 'sapere ruolare', avere una cultura del gioco di ruolo è possibile anche per chi non ha esperienze pluriennali. La si costruisce a poco a poco, anche col pbc. Quel che conta non è il supporto ma il senso. Basta possedere quelle qualità già elencate assieme a pazienza e umiltà (anche questa, non a caso, già consigliata da Damien). Il problema sta quindi nel metodo, nella testa di chi gioca. So che starete sorridendo: la scoperta dell'acqua calda. Eppure a quanto pare non è così scontato, all'atto pratico. O sbaglio?
Veniamo ora al centro di questo secondo punto, ovvero sulla questione italiano-estera, mi sento in onere di sfoggiare, come già fatto più moderatamente, forse, qualcun altro prima di me, con orgoglio l'appartenenza alla realtà italiana del gdr così inteso.
Per avere una risposta effettivamente attendibile (a dire il vero anche per il primo) ci vorrebbe un vero e proprio dibattito sulle scienze umanistiche in campo antropologico, sociologico e psicologico.
Partendo da questo presupposto ma purtroppo dovendo proseguire senza il supporto di questo possibile dibattito espondo anche io la mia modestissima e con alta percentuale di probabilità errata idea, dettata da un senso personale, un'osservazione disinteressata, qualche minuto di ragionamento, letture non specialistiche ed addirittura un pizzico di orgoglio nazionale.
Orgoglio. Io penso sia un orgoglio, tra le mille vergogne della nostra nazione (senza la prima lettera maiuscola per l'assenza del tono politico del mio intervento), anzi mi correggo, popolare e culturale, che l'Italia possa vantare una realtà di questo genere. Un genere difatti, che non è che l'ultima frontiera (attualmente) del gdr. Una sperimentazione che perdura da più di 10 anni e che ha coinvolto guardate quante menti. Qui sono in disaccordo con Damien: troppe menti pensanti? Al contrario, questa è una fortuna. La vera sfortuna è l'eccesso di gelosia per la propria idea, come già esposto da Damien stesso. Il problema non è che si pensi troppo ed in troppi ma che non si scenda a patti.
Da un docente universitario mi è stata posta la domanda: "Ma perchè solo in Italia e non nel resto del mondo?" ed io risposi, certo con falsa sicurezza, "Per la nostra Cultura, per l'Umanisticità del nostro Paese applicata ai giochi online, ed anche ovviamente per quell'assenza di disponibilità al sacrificio da parte dei giocatori stranieri".
Quale sacrificio? Mi rifaccio alla differenza esposta da Mancini nella conferenza al Lucca Comics&Games del 2006 tra MMORPG, MUD e PBC.
In sintesi a partire da quanto Mancini ha detto m'è parso evidente, anche da parte mia (e vorrete scusare anche i fondamenti parzialmente egocentrici della mia teoria), che di fronte alla scelta tra un MMORPG, un MUD e un GDR PBC intervenga un fattore non trascurabile che è la propria affinità a quali sono le caratteristiche che in quel gioco sono esaltate. Non si parla di generi videogame, si parla in un'ottica di gioco di ruolo: nel MMORPG viene quasi a mancare se non in alcuni server e gruppi precisi di giocatori, ma si ha la limitazione di azioni programmate così come dell'estetica del personaggio interpretato; nel MUD si ha una sfumatura, dove l'estetica, sfruttando la scarsa resa grafica, già conta ben poco se non nelle azioni basilari mentre il parlato e le azioni particolari sono solitamente descritte, proprio come si scrive il parlato anche nei MMORPG; ed infine nel PBC dove si sceglie un'estetica rappresentata solo da avatar e da schede che però non appaiono se non con immagini fisse e se non richiamate da chi interagisce con il tuo personaggio e con te in quel momento. Non è forse questo un sacrificio? Si sacrifica l'estetica per l'interpretazione, per la scrittura come veicolo di immaginazione (da qui la somiglianza con la lettura del libro, il fenomeno dell'immersione totale di cui non discuterò per non allontanarmi troppo dal discorso centrale).
Quindi penso sia un fattore positivo ed anzi d'esempio agli altri Paesi su come poter sfruttare una frontiera del gioco di ruolo ancora ignorata.
A quanto pare, per come la penso io, scusate il discorso forse semplicistico, all'estero si procede sulla falsa riga di come si muove il Mercato ed i suoi prodotti massivi. La gente preferisce 4 comandi e un avatar tridimensionale, facile da usare, non impegnativo, per distrarsi piuttosto che accrescere una componente immaginativa di loro stessi. Non che io li rimproveri tutti, sono scelte ed interessi a quanto pare diversi dai nostri. Stento comunque a crede che nessuno all'estero sia minimamente interessato ad una versione più 'teatrale' della ludica online, forse mancano le idee (difficile da credere, lo so, per quello ci vorrebbero esperti ed un'indagine seria ed attendibile). Sconfortante certo vedere land con centiania di iscritti più o meno attivi, anche nel pbc, che giocando magari sporadicamente preferiscono addirittura spendere dei soldi per comprare abilità al pg invece di acquisirle con l'esperienza ed il gioco atto proprio a divertire e non a divenire più forte e soddisfare la sensazione di supremazia e potenza, componente che certo alimenta una componente agonistica a mio parere necessaria ad ogni gioco ma di certo non primaria in un gioco di interpretazione.
In conclusione, certo, queste ultime sono mie teorie, possibili, ma effettivamente riconosco che non abbiano fondamenti abbastanza solidi per essere sostenute in maniera convinta. Deve comunque far ragionare il fatto che in Italia si sia generato un simile movimento che non esiste nel resto del mondo.
Un'amica straniera che per sua cultura ha vissuto un breve periodo e conosce la lingua italiana s'è dichiata entusiasta dei pbc, assenti, per come li intendiamo noi, in ambiti stranieri. Questo penso debba dar già un indizio su quanto sia stato utile che il pbc all'italiana sia nato...
Io personalmente sono fiero, contento, di aver avuto modo di sperimentare qualcosa di così unico. Unico, che sia giusto o sbagliato non è interessante e forse nemmeno ha senso parlare di giusto o sbagliato. Siamo dei privilegiati, almeno in questo. Continuiamo a giocare sui nostri tavoli, anche quelli virtuali, se anche fossimo gli ultimi di certo non ce ne dovremmo pentire, nemmeno se con qualche probabilità il fenomeno del pbc deperirà fino a scomparire tra qualche anno.
11/01/2009 19:55:58
06/03/2018 17:36:23
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