Fantasy sì, ma lontano da casa grazie postato il 19/04/2025 15:52:35 nel forum giochi e dintorni
Apro questo topic per lanciare una riflessione che, incredibilmente, non riguarda la lunghezza dei post (per ora, incrociamo le dita).
Parliamo invece di un altro fenomeno carino:
perché nei GDR ci ostiniamo sempre ad ambientare tutto in contesti statunitensi, inglesi o comunque genericamente "estero-fighi", mentre l’Italia sembra esistere solo quando dobbiamo citarla per la carbonara?
Non fraintendetemi, so che ci sono state eccezioni coraggiose come tipo Brancalonia, qualche esperimento più "local"... eppureeee ogni volta che salta fuori un nuovo urban fantasy, sci-fi, distopico, o anche un medievale, siamo sempre tra le strade nebbiose di Londra o nelle metropoli dai grattacieli brillanti americani.
Quindi la mia domanda è semplice (forse):
Ma davvero nessuno avrebbe voglia di un GDR più italiano, più sporco, più nostro?
O è che siamo talmente immersi in un immaginario pop globalizzato che qualsiasi cosa che odori di "vicino a casa" ci sembra meno magica, meno epica, meno degna di essere giocata?
Escapismo? Autocolonizzazione culturale? O solo paura che se ambientiamo un gdr a Bologna poi qualcuno chieda “ma in che quartiere?” e rovini tutto?
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19/04/2025 16:39:32
dalla mia (sicuramente poca) esperienza ho capito, prima la dico in breve poi esplicito il perché: potrebbe essere considerato trash, poco epico e non essere preso abbastanza seriamente.
La risposta un po' più lunga invece:
Tutti noi (me inclusa, eh) siamo cresciuti a pane e "Los Angeles in rovina", "Londra gotica", "New York infestata", "Tokio cyberpunk". Il nostro cervello ha interiorizzato che epico = estero.
E così ci sembra quasi strano immaginare un rituale esoterico tra i trulli di Alberobello o un inseguimento tra gang cyberpunk per le strade di Palermo. LOL
C’è una teoria che dice: più una cosa è familiare, più è difficile vederla come “straordinaria”.
Forse abbiamo paura che il contesto vicino e che già viviamo ci rompa l'incanto, chissà XD
Abbiamo tarantelle, streghe delle Madonie, congreghe in Val d’Aosta, mafie esoteriche, monasteri oscuri, sette nei boschi dell’Umbria, dialetti che sembrano lingue arcane, eroi partigiani, il culto di San Gennaro che controlla la pioggia... eppure, spesso ci sembra più “serio” mettere un personaggio con una katana a Detroit (primo nome a caso, specifico) che con un falcetto a Cosenza.
E qui entra in gioco la paura del trash involontario: l’Italia nei media, anche nostrani, spesso è o melodrammatica o ridicolizzata.
Hai citato Brancalonia — e giustamente, perché è l’esempio perfetto di chi ha abbracciato l’italianità senza vergogna. Ma anche lì: è parodia, è esagerazione.
19/04/2025 17:19:04 e modificato da eriophora il 19/04/2025 17:19:44
Uh, interessante!
Mi ci metto di mezzo personalmente perchè, neanche a volerlo, ho appunto da poco aperto un server pbc con ambientazione fantasy storica ambientato...beh, a Parigi in effetti 🤡. Nel mio caso non credo fosse strettamente un discorso di “non trovare epico un setting casalingo”: ammetto che l’idea per l’ambientazione è banalmente partita dall’esistenza storica e dal contesto delle corti dei miracoli che sono un fenomeno tipicamente (o per lo meno, se esistono corrispettivi “locali” confesso di non conoscerli) francese e parigino, per cui la collocazione geografica dell’area di gioco è venuta da sé partendo da questo punto.
Tuttavia, credo che si possa facilmente concordare con l’analisi fatta da Panda a pois; è un po’ come il funzionamento della memoria, che tende a idealizzare e arricchire, anche fantasticando, ricordi più lontani nel tempo e banalizzare quelli più vicini. Ecco, temo che un ragionamento simile si possa applicare anche alla geografia: è quasi patologico fantasticare su luoghi anche fisicamente lontani, piuttosto che su qualcosa che si sente più familiare (il topos stesso del fantastico, storicamente, è nato così, basti ricordare la quantità spropositata di introduzioni o prologhi a racconti/film/whatever media che iniziano con “In un luogo e in un tempo molto, molto, lontani...”, tipici anche delle fiabe).
Concordo, comunque, che potrebbe essere un’operazione molto interessante quella di esplorare mitologia, racconti popolari e folklore locale nell’ambito di un gioco di ruolo fantasy. Molto probabilmente, però, richiederebbe appunto la buona volontà di superare quel piccolo scoglio della “familiarità” che tende ad appiattire la nostra visione.
20/04/2025 23:39:16
21/04/2025 10:03:34
Quanti film post apocalittici italiani hai visto ?
Quanti film fantasy-razziali italiani hai visto ?
Questo per dire che nell'immaginario collettivo ciò che ha alimentato la fantasia poi dei roler è stato nel corso di 40 anni, fomentato dal cinema estero.
E' ovvio che più che dai libri, l'immagine proiettata mentalmente su di un personaggio o su di una località, viene dal cinema (non a caso si usano i prestavolto) e che dunque è dal cinema che viene un appeal visual/narrativo. Secondo me è per questo che moltissimi generi vengono impiantati all'estero. La risposta per quanto ti potrà sembrare banale e senza che mi dilunghi a scrivere, cosa che non mi riguarda perchè non mi riguardano gli esercizi di stile, ha forse una radice ben congrua.
21/04/2025 17:55:48
Sporco vs pulito è quel che onestamente ho sempre provato, se scrivevo una storia ambientata a casa o la scrivevo ambientata altrove. È un limite molto umano, innocuo quando si tratta di un gioco, limitante quando si tratta di scrittura creativa più in generale, forse, perché tendenzialmente si dovrebbe scriver di ciò che si conosce. Ma per un gioco appunto: che c'è di male nella voglia di "pulito", lontano, astratto, nell'escapismo come dici bene tu? Vorrei capir meglio questo, magari e invece :)
21/04/2025 18:17:34
A volte ciò che è molto vicino a noi, è anche conosciuto meglio motivo per cui se devo immaginarmi un mondo parallelo con razze poteri e altro, farei molta fatica a pensarlo che so in una Venezia o a Milano perché conoscendo quelle due città mi verrebbe da dire: ma questa cosa è impossibile / no che assurdità non è coerente.
L'ambientazione lontana da noi ci permette di immaginarci e calarci meglio nella storia, già solo per dire un paesino sperduto svedese per me sarebbe più immersivo di un paesino in Toscana per esempio.
21/04/2025 22:14:25 e modificato da skylark il 21/04/2025 22:15:36
Anche io devo ammettere che tutto ciò che è lontano geograficamente sembra automaticamente più epico. Ma poi ti trovi nella role effettiva dove ci si comporta esattamente come... un cast italiano, solo con nomi tipo "Amber-Rose Moonlight" e un bar a Brooklyn che serve l’aperispritz. E lì comincia a scendere la nebbia.
Sembra che il motivo principale per scegliere un’ambientazione straniera sia avere lo specchietto per le allodole visivo, che però poi fa solo da sfondo a un gameplay che spesso scivola nel trash/parodico con la velocità di un talk show su Rai 2 alle 2 di notte.
Capisco che “tanto si ruola in italiano”, ma allora perché fingere? Perché creare una cornice pseudo-realistica se poi il contenuto ha lo stesso mood di una puntata di Colorado?
Non la intendo come una critica snob ma mi sembra un po' un paradosso strutturale. Ho notato che di solito si tende ad evitare il fantasy “ambientato a casa” perché ci sembra poco serio, ma allo stesso tempo non riusciamo mai davvero a comportarci come se non fossimo a casa nostra.
Concordo anche con i punti su idol faceclaim e tutto il resto — e per rispondere a Jenny: credo che tu abbia detto esattamente ciò che intendevo nel mio primo messaggio.
Comunque, mi ricordo anni fa un GDR ambientato a Praga. Che idea fighissima, mi dicevo. Un setting europeo, cupo, suggestivo, finalmente non la solita New York. Poi, nella vita reale, ho visitato Praga. Fine della magia. Forse funziona così anche con l’Italia.
E quindi chiedo:
Se domani aprisse un GDR ambientato in una Venezia magica, tipo con gondole fluttuanti, nebbie incantate, maschere che sono reliquie divine ecc, pensereste che sia trash?
O ci daremmo finalmente il permesso di renderla epica quanto una Londra che non abbiamo mai visto?
22/04/2025 08:59:26
Sai che non ricordo di aver mai giocato personalmente o giocato con qualcuno che rendesse il gioco trash o parodistico in senso italiano? O meglio, forse mi è capitato di assistere (specie in passato, quando il gioco era meno serio, più rilassato, nel bene e nel male eravamo più giovani) a qualcosa del genere, ma mai per gioco diretto. Quel che voglio dire è che specialmente oggi, mi sembra che la cultura dei giocatori di pbc abbia (forse fin troppo) assorbito la cultura pop americana, che siamo diventati molto bravi a emularla, anzi addirittura a farla nostra. Sai che qualcuno diceva che sono più brave le persone che amano un paese dall'esterno, senza farne parte e piuttosto idealizzandolo, a cogliere il cuore di un paese? Ovviamente esiste il problema opposto: la stigmatizzazione, la stereotipizzazione dello stesso. Per questo dicevo che magari per un gioco chissenefrega, per la scrittura di un romanzo invece sarebbe meglio scriver di ciò che si conosce, abita, vive sul serio. Quanto alla tua ultima domanda: per me la risposta è sì e anche volentieri. Ma si tratta appunto di un esercizio d'amore, lo stesso che si potrebbe fare nel dare più attenzione a chi ci sta intorno invece che a uno sconosciuto che ci affascina. Ed è poi così importante, in un gioco, posto che nella vita lo è?
22/04/2025 09:08:28
22/04/2025 13:19:22 e modificato da baboomba il 22/04/2025 13:20:27
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