19/07/2007 10:43:03
19/07/2007 11:01:00
19/07/2007 11:28:44
Anche nel GDR, come nelle altre attività ludiche, può esserci una tensione verso il successo. Anche se il gdr classico, come dice Gemini, è assolutamente improntato alla cooperazione fra i giocatori (credo per esempio che D&D venga spesso usato per parlare di team building, integrazione delle competenze, valore della differenza etc etc), normalmente c'è anche un obiettivo per il party che è vicino al concetto di vittoria dei giochi classici (abbattere il malvagio lich, liberare la città, fondare una gilda).
Quello che rende questi giochi più divertenti degli altri è il fatto che quando anche un obiettivo pratico di questo tipo fallisse, il piacere dell'interpretazione può surrogare e talora rivelarsi superiore alla gratifica della 'missione compiuta' (per esempio puoi metterti a fare l'eroe tragico & tromentato, impazzire a seguito del fallimento e trasformarti in un viandante pazzo e deforme che narra a tutti la vastità della sua sfiga etc etc).
Per quanto ho visto, nel virtuale, il meccanismo è sovente inficiato dalle dinamiche del Player VS Player, che quando si associano ai fenomeni (patologici) descritti da Didy degenerano proprio nell'interruzione dell'atmosfera ludica.
Però per questa degenerazione possono esserci anche cause non patologiche.
Mi spiego. Sicuramente è un gioco, e si gioca per divertirsi. Però, proprio perchè giocare sia divertente, è essenziale la chiarezza e condivisione delle regole.
Se durante una partita a scacchi il mio avversario decidesse a metà sfida che il suo calvallo oltre a zompettare col classico movimento a L può procedere anche come la torre, e mi mangiasse un pedone con il cavallo muovendosi come una torre, io con questo tizio non ci vorrei più giocare. Chiaramente la perdita del pedone non è al centro della mia serenità personale, però senza le regole giocare non è divertente.
Sicuramente la gente 'se la prende troppo', si identifica patologicamente e così via, però come è stato già detto, in un ambiente di gioco sano chi organizza il gioco bada a che le regole vengano rispettate e questo minimizza il conflitto personale, i flame, gli accanimenti, e il temuto ingresso dell'OFF nell'ON.
Quindi secondo me il successo in un gdr è divertirsi. Ed è possibile farlo in un abiente che disponga di un buon arbitro se si ha un po' di fantasia e si colgono le opportunità date dagli apparenti insuccessi.
Quando ho fatto il master i giocatori si divertivano un sacco a giocare i personaggi inguaiati, ingannati, traditi, e chiaramente corcati. I giocatori adorano essere nei guai! Se non lo adorano, c'è qualcosa che non va. Questo qualcosa che non va di solito, per la mia esperienza, ha più spesso la sua origine ultima nelle 'regole del gioco' che non nei comportamenti patologici dei singoli, sempre presenti ma marginali in un ambiente ben pensato.
19/07/2007 11:33:25
Ma la mia affermazione è il punto di vista di una grossa percentuale di giocatori, e proprio per questo va presa in considerazione. Per altro, da qualche parte in un qualsiasi manuale di gioco ci sta SEMPRE scritto che la voglia di vincere fa parte del gioco (non per dire che è oro colato, ma loro ci avranno pensato abbastanza su). Come si fa a negarlo? Se lo scopo non è vincere (vale a dire, che so, sconfiggere i nemici, stringere un'alleanza, ecc) quale dovrebbe essere??
Poi, è chiaro, il mio pg magari non riesce in quello che vuole, ma io mi diverto lo stesso perché cmq tentare di farlo è stato divertente in sé (si spera, ma questo può dipendere anche da come si è comportato il narratore e come hanno giocato gli altri del gruppo), mi sono divertita a interpretarlo e a dargli vita. Non è questo che ho messo in discussione.
ps: Gemini, 'errato' è un concetto soggettivo, sono ben disposta a cambiare opinione se mi spieghi i pro della tua.
19/07/2007 12:31:21
Che io sia d'accordo con le idee di Gemini è oramai risaputo, ora mi trovo a pensarla come anche come Diby.
Quando ero vice admin chiesi stupito al programmatore della land del motivo di alcuni comportamenti che ritenevo incredibili, fuori dalla mia natura, impensabili per me che viaggiavo leggero sul gioco senza pensare all'off [il programmatore, incontrato dal vivo, mi disse "Sai, pensavo tu fossi un programma di intelligenza artificiale"]. Questo saggio programmatore mi disse "La rete è un accelleratore, amplifica le sensazioni, l'emotività e le pulsazioni della gente".
Continuo a dirlo a tutti, è un gioco dove non c'è un modo di vincere, ma esiste il modo di perdere; non divertendosi.
19/07/2007 13:43:08
[OT]
19/07/2007 18:24:31
Sagaaacee!! :P
Sì, ma nei vocabolari alla voce gioco puoi leggere anche termini come 'competizione' e 'vincere', al di là del fatto che i giochi di ruolo da tavolo di norma non siano competitivi. Per quelli online il discorso mi pare piuttosto diverso, evidentemente. E non perché fa piacere a me, ma perché la maggioranza pensa così e non puoi impedirglielo.
Cmq prendi in considerazione questa situazione: il narratore inventa una cronaca che coinvolge i singoli personaggi, insieme, e li invita verso uno scopo, o più scopi, ben precisi (alias 'vittoria', intesa come vittoria del gruppo, o vittoria del singolo personaggio in una sottotrama). Se non ci fosse uno scopo finale (appunto la vittoria), la cronaca perderebbe mordente, l'interesse dei giocatori andrebbe scemando man mano che si accorgono che la storia è in stallo (non ha una direzione). Uno scopo è per la cronaca la scintilla iniziale e anche il modo + semplice per 'avvicinare' fra loro i personaggi. Se non ci fosse questo scopo (la vittoria) in che cosa consisterebbe la cronaca? Una serie di divagazioni sui tormentati passati dei personaggi, una cronistoria dettagliata di incontri fortuiti con png del tutto irrilevanti (poiché inutili a raggiungere un qualsiasi scopo), varie descrizioni di incontri e dibattiti tra pg? Ma dopo un po' mi appallo!
19/07/2007 19:41:11
Assunto che esistono giochi che prevedono competizione (la maggior parte dei giochi sportivi), come pure giochi che non la prevedono (girotondo?) è evidente come non siano sinonimi :-)
Dal tuo esempio in particolare emerge la consueta, fin troppo frequente, tendenza a confondere interessi/ambizioni/aspettative del PG (quindi il trovare tesori, riuscire nel duello, emergere nel gruppo) con quelli del giocatore che lo muove (il quale, al più, può solo cercare di giocare al meglio le situazioni cercando di interpretare al meglio le reazioni del proprio PG agli eventi che lo coinvolgono).
Peraltro è utile ribadire quanto sia rischioso immedesimarsi nei propri PG e operare transfert massicci nei suoi confronti, fino a viverne personalmente le sconfitte e le conseguenti frustrazioni.
19/07/2007 19:48:25
Mi permetto di correggere gemini. Non sono transfert quelli che tu descrivi ma proiezioni XD(che stanno alla base del Gioco di ruolo anche in termini terapeutici).
19/07/2007 19:59:40
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