19/08/2014 00:41:07 e modificato da ilgrandeinverno il 19/08/2014 00:42:31
Sono d'accordo anch'io con Blancks. Tralasciando le mille sfumature tra scrittura creativa, interpretazione, caratterizzazione e gioco di ruolo (che comincia senza bisogno di dadi da "giochiamo a mamma e papà"), credo anch'io che sia improprio appellarsi ad un confine tra GdN e GdR. Nel senso che credo non abbia proprio alcuna relazione col discorso.
Ci sono condizioni in cui l'uso di una introspezione (sovrainsieme di cui il famigerato "pensiero in azione" é solo un sottinsieme, esattamente come il cartaceo e i sistemi di gdr basati sui dadi sono solo sottinsiemi e non sinonimi di "gioco di ruolo") all'interno di una stringa inviata dal giocatore risultano immediatamente deleterie e circostanze in cui sono innocue e a prova di stupido. O per non essere offensivi, a prova di giocatore distratto.
In questo secondo caso non esiste una che sia una regola, convenzione o giudizio universale che prescriva le introspezioni come dannose per l'interpretazione od indice di cattivo gioco.
Il discorso dei sottinsiemi è, a mio modo di vedere molto importante. Perchè spesso da queste parti si tende a dimenticare che "gioco di ruolo" non è sinonimo di cartaceo, non è sinonimo di "gioco di ruolo basato sul lancio di dadi" e, cosa a mio parere molto più importante, non è sinonimo di gioco esclusivamente finalizzato all'ottenimento di un esito.
La quantità di interpretazione e caratterizzazione tollerata/ammessa/richiesta in un qualsiasi gioco di ruolo, e le modalità ammesse/tollerate/richieste per esprimerle variano parecchio a seconda del 'setting' (inteso come sistema complessivo di equilibrio di un gioco, fatto da regole, convenzioni, abitudini consolidate) di uno specifico gioco di ruolo.
In questo senso discutere di stili e tecniche narrative è interessante ma lascia il tempo che trova. Non é una regola nè una convenzione universale lo "show, don't tell", come non sono regole nè convenzioni universali quelle che prevedono introspezioni limitate, come non sono regole nè universali quelle che prevedono l'espressione di pensieri espliciti o, addirittura, forme di dialogo interiore col proprio personaggio.
E' questione di setting complessivo del gioco e di quello su cui la gestione in primis (quella che dà l'imprinting iniziale e, in corso d'opera "modula" lo sviluppo del gioco attraverso regole e il consolidarsi di convenzioni) ha deciso di puntare.
Mi auguro che nessuno stia pensando di tracciare una linea e dire cosa è gioco di ruolo e cosa non lo è sulla base di quanta narrazione/caratterizzazione c'è nelle stringhe dei giocatori. Sarebbe un po' deprimente. Oltre che vagamente indice di megalomania.
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